Nel webinar “Sclerosi Multipla: terapie in costante e continua evoluzione”, il professor Vincenzo Brescia Morra, responsabile del Centro per la Diagnosi e Cura della Sclerosi Multipla dell’Università Federico II di Napoli, ripercorre l’evoluzione delle strategie terapeutiche per questa complessa patologia cronica, evidenziando i profondi cambiamenti nella comprensione dei suoi meccanismi e nella gestione clinica dei pazienti.
A partire dagli anni Novanta, periodo in cui erano disponibili pochissimi farmaci e la conoscenza della malattia era ancora limitata, il professor Brescia Morra illustra come la ricerca abbia progressivamente ridefinito la sclerosi multipla, riconoscendola non più come un disturbo puramente infiammatorio, ma come una condizione in cui processi infiammatori e degenerativi convivono sin dalle fasi iniziali. Questo approccio ha modificato radicalmente sia la classificazione clinica delle forme di malattia, sia gli obiettivi terapeutici.
Le nuove terapie oggi disponibili consentono di agire su differenti livelli del sistema immunitario, intervenendo non solo sull’infiammazione acuta, evidente e clinicamente rumorosa, ma anche su quella cronica e silente, responsabile della progressione del danno neurologico nel tempo. L’introduzione di farmaci ad alta efficacia – dagli anti-CD20 al trapianto autologo di cellule staminali – ha permesso di migliorare il controllo dell’attività di malattia e di puntare a obiettivi più ambiziosi come il NEDA (No Evidence of Disease Activity), ovvero l’assenza di ricadute cliniche, nuove lesioni radiologiche, progressione della disabilità e atrofia cerebrale.
Il professore sottolinea l’importanza cruciale di un trattamento precoce e mirato, da avviare fin dalle prime fasi della malattia e con farmaci di elevata efficacia, per preservare la riserva funzionale cerebrale e ridurre l’impatto a lungo termine della disabilità. La gestione del paziente, oggi, è un processo multidimensionale che coinvolge diversi specialisti (neurologo, infettivologo, ginecologo, ematologo) e si basa su un monitoraggio costante tramite risonanza magnetica, biomarcatori come i neurofilamenti e strumenti digitali per la comunicazione tra pazienti e centri di riferimento.
Il Professore illustra infine le prospettive future della ricerca, dal potenziale delle cellule staminali nella riparazione della mielina alle terapie rigenerative ancora in fase sperimentale, ribadendo come la conoscenza scientifica sia la principale arma contro la malattia.